giovedì 28 luglio 2016

Un ricordo di Gianfranco Zavalloni


Ci sono delle persone che incontri casualmente nel tuo cammino e lasciano un segno indelebile e che t’insegnano, con il loro esempio e le loro qualità, più delle centinaia di libri che hai letto o degli insegnamenti che hai ricevuto in tanti anni di studi. A me è successo con Gianfranco Zavalloni.

Anni fa ho scoperto, navigando su Internet alla ricerca di esperienze didattiche significative, un sito molto interessante gestito dal dirigente scolastico Gianfranco Zavalloni. Lui aveva pubblicato, tra l’altro, un “Manifesto dei diritti naturali dei bambini e delle bambine” e desiderava tradurlo nei vari dialetti regionali. Ho offerto la mia collaborazione per la realizzazione del suo progetto inviando una mail e ho subito ricevuto la sua entusiastica approvazione. Mi chiedeva di mettermi in contatto con lui per stabilire degli accordi...e così è stato.

Successivamente ho letto un suo libro sul teatro dei burattini e ho capito che avevo a che fare con una persona speciale. Lui era un pedagogista che non disdegnava le sue origini contadine, anzi le enfatizzava nella sua proposta degli orti di pace nelle scuole; era una persona ricca di cultura, ma povera di quella boria spocchiosa che spesso travolge chi si ritiene detentore di chissà quali verità.
Una persona semplice e tranquilla, ma un vulcano d’idee e di creatività, che manifestava nei suoi disegni, nei suoi spettacoli con i burattini, nella sua voglia di crescere e di raccontare le esperienze realizzate in sedici anni di insegnamento nella scuola dell’infanzia.

Certo andava un po’ controcorrente, perché in un mondo dominato dalla tecnologia e dalla corsa affannosa al successo e alla competizione, in un mondo, insomma, che va di fretta, ha avuto la felice e "trasgressiva" intuizione di proporre un rallentamento. Il suo libro ”La pedagogia della lumaca” evidenzia proprio questa voglia di concepire la conoscenza come una conquista lenta, nata dal contatto con la realtà e dalla lettura serena del mondo. Alla scrittura multimediale contrapponeva la calligrafia, quella che, quando ero bambina, la mia maestra m’ insegnava ad amare, vergando riccioli e volute come esercizio di bellezza, e che mi è servita tutte le volte che ho dovuto comunicare per iscritto a una commissione giudicatrice le mie idee, perché è vero che i contenuti sono fondamentali, ma è pur vero che un testo scritto con bella scrittura rende più piacevole la lettura e dispone benevolmente il lettore.

Controcorrente era anche il desiderio del dirigente Zavalloni di abolire i voti per evitare la competizione e per suscitare negli alunni il piacere dello studio solo per il gusto della conoscenza...
Anche in Brasile, dove ha lavorato dal 2008 al 2012 come responsabile dell’Ufficio scuola del Consolato d’Italia di Belo Horizonte, aveva portato le sue idee, riscuotendo notevole successo.
Il mondo è piccolo davvero e un giorno, parlando di lui con una collega scoprivo con piacere che quanto avevo intuito dai suoi scritti e dalle sue parole corrispondeva a verità: lei lo aveva conosciuto quando dalla Calabria era andata a insegnare in Emilia Romagna. Confermava che fosse una bella persona, creativa, dedita alla scuola e capace di instaurare un rapporto sereno e dialettico con i docenti.
«È vero maestro non quello che ti dice qual è la strada da percorrere, ma colui che ti apre gli occhi e ti fa vedere le tante strade sulle quali puoi liberamente inoltrarti» , così diceva, e con la sua pedagogia semplice e gentile sicuramente ha permesso a tante generazioni di operare scelte razionali e consapevoli sulle strade della vita.

Tre anni fa la sua missione terrena è finita: a soli 54 anni un male incurabile l’ha portato via, ma come accade a chi ha saputo fare della sua esistenza, seppur breve, un capolavoro, il suo ricordo rimane indelebile.
Personalmente credo che fortuite coincidenze siano necessarie per focalizzare immagini care e a me, che ho avuto modo di apprezzare la sua pedagogia, è sembrato particolare che il giorno della sua morte coincidesse con quello del mio compleanno...
Non posso, in quel giorno, fare a meno di pensare che il dirigente Zavalloni non abbia smesso di giocare con i suoi burattini, di osservare le nuvole, di costruire giocattoli di legno, di insegnarci quali siano le cose importanti della vita e di amare i bambini e il loro mondo così pieno di fantasie e di spontaneità.
La retorica non sarebbe piaciuta a una persona così immediata e genuina e perciò la tralascio...

Credo che abbia apprezzato le cose belle e le abbia gustate con la lentezza che tanto raccomandava e credo che la brevità della sua vita sia anch’essa un monito per tutti noi a rallentare la corsa spasmodica e fine a se stessa, per capire che ogni attimo della nostra esistenza ha valore nella misura in cui sappiamo utilizzarlo non esclusivamente per i nostri fini, ma per donare agli altri il nostro mondo interiore, la nostra profondità che va al di là dell’apparenza, la nostra gioia di vivere che supera la realtà materiale per afferrare l’impalpabile mondo dei sogni.
Gianfranco Zavalloni ci ha lasciato una bella e ricca eredità, un sorriso compiaciuto del mondo e della sua bellezza, un amore verso le cose semplici e verso la terra che aveva amato, quella terra che i suoi cari avevano coltivato con pazienza e speranza e che ha dato frutti buoni, capaci di ristorare la nostra sete d’infinito.






 copyright © Educare.it - Anno XV, N. 10, Ottobre 2015


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