martedì 26 luglio 2016

Il segreto di Fiabolina


Un vento burlone, soffiando delicatamente tra i rami di un mandorlo fiorito, fece cadere una manciata di petali madreperlacei, dai quali, per il magico intervento di una fata in vena di stravaganze, nacque Fiabolina, una creatura davvero fantastica. Dal padre, burlone, ma gentile come uno zefiro primaverile, ereditò la possibilità di sfiorare con carezze delicate chiunque le si avvicinasse e di sbriciolare la realtà in un pulviscolo di raffinata allegria; dalla madre ereditò un cuore pieno di dolcezza, che la rese amabile.

Per Fiabolina, naturalmente, era difficile adattarsi alla banalità della vita quotidiana, perché nel suo patrimonio genetico predominava la fantasia e il mondo, nel quale regnavano spesso l’egoismo, l’invidia e la cattiveria, le faceva un po’ paura. Eppure doveva viverci e sforzarsi di dare il meglio di sé in ogni situazione, perché questo aveva promesso, un giorno, a chi le aveva donato la vita. Fiabolina era sola. Raramente suo padre la visitava dallo spiraglio di una finestra e le accarezzava la fronte senza farsi vedere, o la avvolgeva, per strada, in vorticosi mulinelli, dimostrandole la sua voglia bambina di giocare. Sua madre vegliava su di lei, ma i suoi numerosi impegni non le consentivano di dedicare un’ intera giornata al dialogo. Questo, per Fiabolina, era un piccolo dramma, ma per fortuna riuscì presto a porvi rimedio.

I suoi primi amici furono i libri e lei ne lesse tanti per cercare di scoprire un mondo che non conosceva e che non finiva mai di stupirla. Tra le tante parole, dense di significato, le capitò di leggere, un giorno, che per gli uomini i ricordi sono molto importanti e sono, in fondo, quelli che si meritano…
Dopo aver a lungo meditato, Fiabolina decise di costruire i suoi ricordi, magari aiutata dalla fantasia. Trovò in soffitta un grande baule di legno, intarsiato, ed incominciò a sistemarli con cura. La sua pazienza certosina le permise di catalogarli:scartando quelli brutti, che tuttavia appartengono alla vita di ognuno, Fiabolina vi riponeva i sorrisi, le strette di mano, le cortesie, le recite di Natale che la facevano commuovere, le note di un’ Ave Maria, le risate, i piccoli sotterfugi e persino qualche bonaria parola di scherno…

Fiabolina custodiva gelosamente questo suo segreto, pensando di essere un po’ strana, ma, grazie alle quotidiane letture, riusciva a trovare una giustificazione autorevole alle sue inconsuete fantasie. "Non si ha una vita se non la si racconta", sosteneva uno dei più autorevoli studiosi, che scrivevano libri “”importanti”, perciò c’era un filo logico che univa quanto lei andava facendo: il racconto, anche un po’ fantastico , della vita, il ricordo che lo immortalava, il baule…
Bene! Anche se il suo rimaneva ancora un segreto, non le appariva così fuori dall’ ordinario. Anche altri come me-pensava Fiabolina-vivono intensamente la loro vita ed hanno magari un baule più bello del mio, senz’ altro diverso….
Chissà-le balenò in testa una di quelle idee bislacche ereditate dalla madre- chissà che non sia anch’io chiusa in un vecchio baule…e un leggero rossore le colorò
il viso.A giocare con i ricordi si azzecca sempre perché, anche se di per sé non sono belli, dentro un baule, coperti dai veli trasparenti del tempo, si colorano delicatamente ed acquistano un fascino particolare. Fiabolina era felice, ogni sera, quando apriva il suo scrigno segreto e metteva ordine fra le sue cose… le sembrava di accumulare un tesoro d’ inestimabile valore e di vivere bene la sua vita, immersa nella realtà e capace di appoggiarsi alla fantasia.

Anche quando la noia della routine soffocava la sua giornata, appiattendola fino a farla diventare apparentemente senza significato, Fiabolina si ritrovava a riflettere, la sera, e c’ era sempre qualcosa di buono da sistemare dentro il baule , magari una parola buona o un gesto gentile: bastava raccontare dolcemente anche le più semplici esperienze per tramutarle in un piacevole ricordo. Passavano gli anni ed il baule era ormai pieno zeppo.

Fiabolina pensava che tutto quel materiale le sarebbe servito a rendere meno pesante una vecchiaia che sentiva lontana, ma che presagiva triste e noiosa e si immaginava, sdentata e rinsavita dal tempo, vivere frugando soltanto fra i suoi ricordi. Passarono gli anni, perché il tempo vola, specialmente se lo si spende bene, e Fiabolina, figlia del vento e di una fata svagata, giunse alla senilità. Era una vecchina simpatica, rugosa, un po’ curva, ma continuava a sorridere,nonostante le mancassero tanti denti.Ora non doveva più correre, non doveva fare la fila , pagare le tasse, lavorare….finalmente poteva starsene chiusa in casa a meditare. Non riusciva più a leggere bene, perché la vista le si era annebbiata, non sentiva più le voci della strada…Solo la tenue carezza di suo padre le sfiorava di tanto in tanto la fronte e la vigile assenza di sua madre le faceva battere forte il cuore.

Fiabolina, creatura fantastica, si sedeva sulla sua poltrona ed apriva il suo baule di ricordi…quanti! Le sua mani tremanti sollevavano con reverenziale rispetto i veli del tempo e ne traevano reliquie lontane, che le restituivano la passata felicità. U n giorno, in quel suo frugare diventato ormai smanioso, le capitò fra le mani n libro. Lesse a stento il titolo "Le gioie dell'amicizia" e lo aprì, avvertendo una strana sensazione. Ne uscì un pulviscolo dorato che, complice sua madre, la fece tornare indietro nel tempo. Si rivide allegra e spensierata in un prato verde, con un aquilone in mano. Correva, Fiabolina, e a lei si univano tanti amici, provenienti dai luoghi più lontani, anche loro con un aquiolone in mano, chegridavano al mondo la loro gioia di vivere e guardavano in alto, verso il cielo, presi dalla voglia di volare. Poi Fiabolina si trovava al centro di quel prato irradiato dal sole, il cinguettio degli uccelli faceva da sottofondo ad un momento di gioia sincera e i suoi amici la circondavano.

Il cerchio si trasformava, come per incanto, in una spirale colorata di mani, di volti, di corpi felici e Fiabolina, osservando il suo aquilone, sentiva esplodere dentro di sé le gioie dell’ amicizia. Perciò lasciava che il suo aquilone vagasse libero nel cielo e tutti i suoi amici la imitavano, conquistando la loro libertà. Poi si regalavano una risata argentina, che raggiungeva i posti più lontani. Lei non era più Fiabolina, ma tutti quelli che le stavano intorno, perché "Non è quello che io sono che conta, ma quello che noi siamo, perché solo l’amore libera dai limiti".

Anche questo pensiero era tratto da un libro letto molto temo prima… Il magico pulviscolo dorato si disperdeva nell'aria e il libro penzolava dalle mani di Fiabolina, che si era addormentata serenamente, accarezzata dal vento suo padre e cullata dalla madre, mentre una manciata di apetali bianchi copriva la sua poltrona... I ricordi custoditi con cura nel baule se n'erano andati con lei, ma il libro no, quello era rimasto; era la ricca eredità di una creatura fantastica e tutti avrebbero potuto leggerlo, correggerlo e continuare a scriverlo… Fiabolina vi aveva lasciato tante pagine bianche.





Autore: Aida Dattola, insegnante nella scuola primaria da 25 anni, laureata in Pedagogia, ha conseguito un master in didattica della lingua italiana.



copyright © Educare.it - Anno VIII, Numero 10, Settembre 2008


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