di Aida Dattola, su
www.educare.it (3/10/2011)
In un mondo dominato dalle chiacchiere, a volte
inutili, altre volte dannose, è ancora possibile parlare del silenzio, o questo
deve essere considerato appannaggio di pochi eletti anacoreti che scelgono di
ritirarsi in luoghi deserti, fuggendo dalla banalità della vita quotidiana?
Un vecchio proverbio recita: “Il silenzio è d’oro”,
probabilmente perché, in determinate situazioni, può diventare la migliore
forma di comunicazione: attraverso il silenzio, infatti, è possibile guardare
meglio dentro noi stessi e ascoltare gli altri, migliorando le nostre relazioni
sociali. Chi vive l’esperienza didattica sa quanto oggi sia importante e
difficile educare all’ascolto i nostri bambini, impegnati piuttosto a parlare.
La classe, piccola struttura sociale, diventa spesso un luogo privilegiato di
chiacchiere, tanto che per noi docenti la conquista del silenzio appare come
pura utopia.
Eppure, a volte, capita che gli stessi bambini, forse
desiderosi di una pausa al loro logorroico periodare, rivolgano alle insegnanti
la richiesta: "Maestra, facciamo il gioco del silenzio?". A me è
capitato spesso e li ho assecondati con piacere, pregustando momenti di
serenità. Un giorno, per caso, ho scoperto che del gioco del silenzio aveva
parlato addirittura Maria Montessori e ho voluto approfondire le mie conoscenze
in merito.
La lezione dell’insigne pedagogista è significativa,
perché per lei non si tratta di un espediente per favorire uno stato di quiete,
ma di un vero e proprio esercizio, che sospende le normali attività e porta a controllare
ogni minimo movimento per arrivare a un livello superiore, in grado di staccare
il bambino dai rumori del mondo esterno.
Lei stessa racconta com’è nata questa sua riflessione,
tradotta successivamente in prassi didattica. Un giorno si trovava in classe e
teneva in braccio un bambino che dormiva; ha invitato gli alunni a osservarlo:
era così tranquillo e sereno che addirittura potevano percepirne il respiro! Li
ha sollecitati al silenzio e così loro, attratti dalla novità del momento,
hanno evitato ogni rumore.
Che esperienza straordinaria! Si potevano avvertire il
ticchettio della pioggia e il canto di un uccello lontano… Era, per quei
bambini, un’attività davvero coinvolgente, che avrebbero ripetuto volentieri.
Montessori suggerisce di ottenere, in una prima fase,
il silenzio del gruppo: la maestra darà l’esempio, mantenendo un comportamento
discreto o compiendo, in modo misurato, dei semplici gesti che lo richiamino;
dapprima solo pochi bambini resteranno colpiti e la imiteranno, ma in modo
graduale tutti riusciranno a conquistarlo. Successivamente, l’insegnante può
sussurrare il nome dei bambini dal fondo della stanza, da dietro la porta o dal
giardino, naturalmente chiamando per primi coloro che fanno più fatica a stare
in silenzio.
Dopo il silenzio di gruppo si può arrivare a quello
del singolo. Quando ne avverte il bisogno, il bambino può preparare il
materiale necessario (un materassino, un cartellino con la scritta “Silenzio”,
o altre immagini utilizzate dall’insegnante), una clessidra e un cuscinetto
ripieno di lavanda per gli occhi; dopo aver disposto il materiale, si sdraia e
si posiziona il cuscino sugli occhi. I simboli utilizzati servono per gli altri
bambini, ai quali si richiede che non disturbino il compagno.
Imparando a scoprire il valore del silenzio, i piccoli
lo cercheranno per soddisfare la loro voglia di ascolto, che è un ottimo mezzo
per imparare l’autocontrollo e per stabilire relazioni positive con gli altri.
Certo, ogni insegnante può utilizzare vari espedienti per il perseguimento
dell’obiettivo prefissato; può raccontare una storia, come quella del mago
Silenzio che arriva in classe e avvolge con il suo mantello magico tutti i
bambini o focalizzare la loro attenzione su un suo gesto (ad esempio quello di
toccarsi la punta del naso), invitando la classe ad imitarlo….naturalmente con
la bocca chiusa! Insomma, si può imparare il silenzio considerandolo una vera e
propria attività scolastica.
Credo che la lezione di Maria Montessori sia oggi
quanto mai attuale, perché per imparare a comunicare è necessario saper
ascoltare e, per farlo, occorre eliminare le parole inutili e stare un po’ a
contatto con sé stessi, per far proliferare, dal silenzio, le parole migliori.
In un mondo dominato dalle
chiacchiere, a volte inutili, altre volte dannose, è ancora possibile parlare
del silenzio, o questo deve essere considerato appannaggio di pochi eletti
anacoreti che scelgono di ritirarsi in luoghi deserti, fuggendo dalla banalità
della vita quotidiana? Un vecchio proverbio recita: “Il silenzio è d’oro”,
probabilmente perché, in determinate situazioni, può diventare la migliore
forma di comunicazione: attraverso il silenzio, infatti, è possibile guardare
meglio dentro noi stessi e ascoltare gli altri, migliorando le nostre relazioni
sociali.
Chi vive l’esperienza didattica sa quanto oggi sia importante e difficile educare all’ascolto i nostri bambini, impegnati piuttosto a parlare. La classe, piccola struttura sociale, diventa spesso un luogo privilegiato di chiacchiere, tanto che per noi docenti la conquista del silenzio appare come pura utopia.
Eppure, a volte, capita che
gli stessi bambini, forse desiderosi di una pausa al loro logorroico periodare,
rivolgano alle insegnanti la richiesta: "Maestra, facciamo il gioco del
silenzio?". A me è capitato spesso e li ho assecondati con piacere,
pregustando momenti di serenità. Un giorno, per caso, ho scoperto che del gioco
del silenzio aveva parlato addirittura Maria Montessori e ho voluto
approfondire le mie conoscenze in merito.
La lezione dell’insigne pedagogista è significativa, perché per lei non si tratta di un espediente per favorire uno stato di quiete, ma di un vero e proprio esercizio, che sospende le normali attività e porta a controllare ogni minimo movimento per arrivare a un livello superiore, in grado di staccare il bambino dai rumori del mondo esterno.
Lei stessa racconta com’è nata questa sua riflessione, tradotta successivamente in prassi didattica. Un giorno si trovava in classe e teneva in braccio un bambino che dormiva; ha invitato gli alunni a osservarlo: era così tranquillo e sereno che addirittura potevano percepirne il respiro! Li ha sollecitati al silenzio e così loro, attratti dalla novità del momento, hanno evitato ogni rumore.Che esperienza straordinaria! Si potevano avvertire il ticchettio della pioggia e il canto di un uccello lontano… Era, per quei bambini, un’attività davvero coinvolgente, che avrebbero ripetuto volentieri.
Dopo il silenzio di gruppo si può arrivare a quello del singolo. Quando ne avverte il bisogno, il bambino può preparare il materiale necessario (un materassino, un cartellino con la scritta “Silenzio”, o altre immagini utilizzate dall’insegnante), una clessidra e un cuscinetto ripieno di lavanda per gli occhi; dopo aver disposto il materiale, si sdraia e si posiziona il cuscino sugli occhi. I simboli utilizzati servono per gli altri bambini, ai quali si richiede che non disturbino il compagno.
Credo che la lezione di Maria Montessori sia oggi quanto mai attuale, perché per imparare a comunicare è necessario saper ascoltare e, per farlo, occorre eliminare le parole inutili e stare un po’ a contatto con sé stessi, per far proliferare, dal silenzio, le parole migliori.
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