La
conoscenza umana è nata da uno stupore iniziale che ha proteso l’uomo verso
mete sempre più alte, capaci, ogni volta, di suscitargli vere e proprie
emozioni. A chi, come noi, vive quotidianamente l’avventura scolastica, sarà
capitato più volte di leggere negli occhi dei bambini lo stupore di fronte alla
novità, a una piccola conquista o davanti a un “prodotto” finito. Sarà pure
capitato di sentire un applauso finale dopo una lezione particolarmente
coinvolgente e sentirsi felici di aver comunicato emozioni, mai fine a se
stesse, ma capaci di innescare ulteriori meccanismi di motivazione ad
apprendere.
Creare
aspettative e sollecitare la domanda motivazionale degli alunni è una dinamica
indispensabile dell’insegnamento e compito della scuola è creare le condizioni
ottimali affinché ciò si realizzi. Pertanto è necessario personalizzare
l’insegnamento, prestando attenzione agli aspetti interattivi e connettivi
delle esperienze cognitive. Fondamentale è il rapporto tra docenti ed alunni,
che deve essere caratterizzato dall’accoglienza, dalla propositività, dalla
comunicatività e dalla ricerca di motivazioni. Ogni docente deve rappresentare
per gli alunni un modello da seguire ed imitare (modeling); essere
guida, compagno di viaggio e sostegno (mentoring) e saper porsi in una
relazione diretta e personale (tutoring).
La personalizzazione diventa dunque uno degli
indicatori maggiormente significativi della qualità dell’insegnamento.
Motivazioni reali, relazioni logiche e soluzioni di problemi rappresentano gli
elementi imprescindibili di ogni procedimento didattico.
Personalizzare l’insegnamento significa trovare un punto
d’incontro significativo tra i “metodi” e gli “stili cognitivi”, che
rappresentano l’elemento dinamico, soggettivo, variabile, ricercando le
strategie più idonee per raggiungere la meta prefissata e utilizzando i
linguaggi più adatti, per soddisfare la sete di sapere degli alunni. Ciò che
più conta, quindi, non è tanto stabilire misure standardizzate sul loro
rendimento, quanto identificare i punti di forza e i lati deboli di ciascuno:
lo strumento più adatto a tal fine è l’osservazione continua in una varietà di
situazioni e di condizioni, per rilevare vari comportamenti ed abilità .
L’attenzione va focalizzata su modi, stili, livelli di
comprensione più che sull’immagazzinamento mentale dell’informazione. La
personalizzazione comporta una flessibilità operativa calibrata sulle
potenzialità e sulle richieste del singolo.
La
scuola, per rispondere in modo adeguato alle pressanti richieste di una società
in rapida evoluzione, deve accompagnare e sostenere gli alunni in un processo
di crescita che li aiuti a diventare uomini liberi e capaci di gestire in modo
autonomo il futuro. La scuola dell’ autonomia, recependo le istanze più
significative del mondo contemporaneo, dovrebbe garantire percorsi formativi
personalizzati, considerando l’alunno nella sua dimensione di persona unica ed
irripetibile, portatrice di valori. E proprio questa ”esclusività” del rapporto
educativo deve garantire ad ognuno lo stupore di fronte alla novità di un
sapere che è costante ricerca e costruzione personale, che rifugge da schemi
stereotipati e da “pacchetti” preconfezionati per diventare possibilità di
offrire risposte nuove e significative a problematiche emergenti. La conoscenza
deve produrre un cambiamento dentro di noi e perché ciò avvenga deve essere
pregnante, suscitando le stesse emozioni che i nostri progenitori provarono
“scoprendo” il mondo circostante e mai spegnendo, con inutili o sterili
pseudosaperi, l’ansia di crescita insita in ognuno di noi.
Una
scuola laica, pluralista e democratica consente all’alunno di utilizzare gli
strumenti culturali ed emotivi come risorse. La scuola dell’autonomia
garantisce a ciascun alunno la possibilità di esprimere le proprie
potenzialità, garantendo percorsi personalizzati e perciò proficui,
perché in grado di tradurre le capacità personali in competenze in un contesto
formativo stimolante e vario, in cui la logica del sapere è coniugata con
quella del saper essere e del saper fare. Perciò trovarsi in un laboratorio e
sentire un alunno esclamare con gioia, dopo aver completato la sua casetta
realizzata con la tecnica dell’origami: «Guarda, maestra, l’ ho fatta io!»,
significa aver perseguito un obiettivo fondamentale del nostro insegnamento,
che è quello della conquista personale del sapere, in cui il ruolo del docente
è quello del facilitatore procedurale, che indirizza senza imporsi e stimola
senza prevaricare.
Quando i
bambini fanno: ”Oh, che meraviglia!” possiamo esser certi di vederli crescere,
perché il mondo, con le sue bellezze e le sue contraddizioni, non finirà mai di
stupirli: a noi il compito di insegnare a guardarlo con immutato stupore!
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