martedì 2 agosto 2016

Insegnare, tra meraviglia e personalizzazione


La conoscenza umana è nata da uno stupore iniziale che ha proteso l’uomo verso mete sempre più alte, capaci, ogni volta, di suscitargli vere e proprie emozioni. A chi, come noi, vive quotidianamente l’avventura scolastica, sarà capitato più volte di leggere negli occhi dei bambini lo stupore di fronte alla novità, a una piccola conquista o davanti a un “prodotto” finito. Sarà pure capitato di sentire un applauso finale dopo una lezione particolarmente coinvolgente e sentirsi felici di aver comunicato emozioni, mai fine a se stesse, ma capaci di innescare ulteriori meccanismi di motivazione ad apprendere.

Creare aspettative e sollecitare la domanda motivazionale degli alunni è una dinamica indispensabile dell’insegnamento e compito della scuola è creare le condizioni ottimali affinché ciò si realizzi. Pertanto è necessario personalizzare l’insegnamento, prestando attenzione agli aspetti interattivi e connettivi delle esperienze cognitive. Fondamentale è il rapporto tra docenti ed alunni, che deve essere caratterizzato dall’accoglienza, dalla propositività, dalla comunicatività e dalla ricerca di motivazioni. Ogni docente deve rappresentare per gli alunni un modello da seguire ed imitare (modeling); essere guida, compagno di viaggio e sostegno (mentoring) e saper porsi in una relazione diretta e personale (tutoring).

La personalizzazione diventa dunque uno degli indicatori maggiormente significativi della qualità dell’insegnamento. Motivazioni reali, relazioni logiche e soluzioni di problemi rappresentano gli elementi imprescindibili di ogni procedimento didattico.

Personalizzare l’insegnamento significa trovare un punto d’incontro significativo tra i “metodi” e gli “stili cognitivi”, che rappresentano l’elemento dinamico, soggettivo, variabile, ricercando le strategie più idonee per raggiungere la meta prefissata e utilizzando i linguaggi più adatti, per soddisfare la sete di sapere degli alunni. Ciò che più conta, quindi, non è tanto stabilire misure standardizzate sul loro rendimento, quanto identificare i punti di forza e i lati deboli di ciascuno: lo strumento più adatto a tal fine è l’osservazione continua in una varietà di situazioni e di condizioni, per rilevare vari comportamenti ed abilità .

L’attenzione va focalizzata su modi, stili, livelli di comprensione più che sull’immagazzinamento mentale dell’informazione. La personalizzazione comporta una flessibilità operativa calibrata sulle potenzialità e sulle richieste del singolo.

La scuola, per rispondere in modo adeguato alle pressanti richieste di una società in rapida evoluzione, deve accompagnare e sostenere gli alunni in un processo di crescita che li aiuti a diventare uomini liberi e capaci di gestire in modo autonomo il futuro. La scuola dell’ autonomia, recependo le istanze più significative del mondo contemporaneo, dovrebbe garantire percorsi formativi personalizzati, considerando l’alunno nella sua dimensione di persona unica ed irripetibile, portatrice di valori. E proprio questa ”esclusività” del rapporto educativo deve garantire ad ognuno lo stupore di fronte alla novità di un sapere che è costante ricerca e costruzione personale, che rifugge da schemi stereotipati e da “pacchetti” preconfezionati per diventare possibilità di offrire risposte nuove e significative a problematiche emergenti. La conoscenza deve produrre un cambiamento dentro di noi e perché ciò avvenga deve essere pregnante, suscitando le stesse emozioni che i nostri progenitori provarono “scoprendo” il mondo circostante e mai spegnendo, con inutili o sterili pseudosaperi, l’ansia di crescita insita in ognuno di noi.


Una scuola laica, pluralista e democratica consente all’alunno di utilizzare gli strumenti culturali ed emotivi come risorse. La scuola dell’autonomia garantisce a ciascun alunno la possibilità di esprimere le proprie potenzialità,  garantendo percorsi personalizzati e perciò proficui, perché in grado di tradurre le capacità personali in competenze in un contesto formativo stimolante e vario, in cui la logica del sapere è coniugata con quella del saper essere e del saper fare. Perciò trovarsi in un laboratorio e sentire un alunno esclamare con gioia, dopo aver completato la sua casetta realizzata con la tecnica dell’origami: «Guarda, maestra, l’ ho fatta io!», significa aver perseguito un obiettivo fondamentale del nostro insegnamento, che è quello della conquista personale del sapere, in cui il ruolo del docente è quello del facilitatore procedurale, che indirizza senza imporsi e stimola senza prevaricare.

Quando i bambini fanno: ”Oh, che meraviglia!” possiamo esser certi di vederli crescere, perché il mondo, con le sue bellezze e le sue contraddizioni, non finirà mai di stupirli: a noi il compito di insegnare a guardarlo con immutato stupore! 





copyright © Educare.it - Anno XV, N. 4, Aprile 2015

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