lunedì 25 luglio 2016

La pedagogia dell'accoglienza a scuola


LA PEDAGOGIA DELL’ACCOGLIENZA A SCUOLA

di Aida Dattola, su www.educare.it (21/12/2010)
 

“Accoglienza” è la parola-chiave della pedagogia contemporanea, perché solo dall’apertura verso l’altro nasce il dialogo e solo attraverso l’abbattimento delle barriere legate ai pregiudizi si può favorire la crescita culturale. In una scuola che sempre più si caratterizza come luogo integrato di formazione è necessario che si avvii un libero scambio di relazioni interpersonali e che si parli di accoglienza a tutti i livelli.

Il dirigente, nella sua qualità di manager, deve essere disponibile all’ascolto attivo con i docenti, per valutarne competenze ed attitudini, per pianificare in modo adeguato l’organizzazione didattico- educativa e per promuovere la crescita degli alunni.
Deve, inoltre, accogliere tutti gli operatori scolastici per definire ruoli ed attività ed interagire con loro in modo proficuo, ma soprattutto deve manifestare la sua disponibilità ad accogliere le famiglie, per avviare quel dialogo interattivo che è la vera premessa di un proficuo progetto educativo, il cui fulcro è rappresentato dal bambino.
Il compito di accoglienza del docente non è circoscritto al bambino disabile o extracomunitario, ma è rivolto a tutti , perché ognuno è una realtà a sé stante, caratterizzata da esperienze pregresse più o meno incisive, da un vissuto personale e da sollecitazioni culturali varie…
“Accogliere” significa amare senza condizionamenti o riserve, significa scoprire che ognuno di noi è un essere unico e irripetibile e questa”diversità” è la vera possibilità di confronto e di crescita, è la vera risorsa da valorizzare.
Per vivere in classe un clima relazionale positivo è necessario accogliere ogni bambino per quello che è.
L’approccio sarà diverso, ma la finalità è comune: garantire ad ognuno la possibilità di esprimere al massimo le proprie potenzialità, nel rispetto della sua libertà, dei suoi tempi, dei suoi ritmi e dei suoi modi di apprendimento. Perché ciò avvenga deve “star bene” a scuola, sentirla come una seconda casa.
E’ importante anche l’atteggiamento: un sorriso, una postura adeguata (tante volte, per parlare con i bambini più piccoli, abbassarsi al loro livello, guardarli negli occhi e far loro capire che siamo con loro). Quanto male possiamo fare ai bambini anche con una parola fuori posto o con un tono freddo e distaccato… No, quindi, all’emarginazione ed al distacco, no alle situazioni che possono accentuare un eventuale disagio…
Ogni bambino merita la giusta attenzione dell’insegnante e dei compagni e ciò può avvenire promuovendo una cultura dell’accoglienza.
Fra bambini è facile creare situazioni di confronto e di accettazione: il gioco, il dialogo, lo scoprire che ognuno ha un talento da esprimere, la possibilità di cooperare insieme per raggiungere un fine comune, il gioco di squadra…
La scuola non è un ambiente asettico, ma un luogo di relazioni umane, nel quale la convivenza civile non si insegna propinando sterili norme di comportamento, ma “vivendo” concretamente situazioni sociali che si traducono in comportamenti condivisi.
Arrivare a scuola ed essere accolti dal dirigente con un sorriso, entrare in classe ed accogliere con affetto i bambini e vedere gli operatori scolastici prodigarsi nell’aiutarli a portare lo zaino troppo pesante, sapere che si può, in caso di necessità, rivolgersi a loro per risolvere i piccoli problemi di vita scolastica è il bello della scuola comunità, è la premessa indispensabile per una corretta impostazione dell’attività didattico-educativa, è sentirsi un tassello importante di un mosaico ricco e variegato.
E allora, in questo percorso pedagogico, trova la giusta collocazione la festa iniziale dell’accoglienza, durante la quale si ricevono tutti i bambini in modo gioioso e, in particolare, i piccoli della prima classe, ma la motivazione della festa deve continuare nella prassi didattica quotidiana.Personalizzare l’insegnamento significa scoprire in ogni alunno una realtà a sé stante ed intervenire in modo adeguato per sviluppare le sue potenzialità, per fargli superare eventuali disagi e frustrazioni e per far emergere le sue attitudini.
La classe è uno spaccato di vita, dove si impara che diversi sono i caratteri, le idee, le capacità ed è importante conoscere per capire ed amare.
“L’uomo che respira amore e bellezza è il bimbo che viveva nella gioia anche ieri” sostiene Russell e per vivere nella gioia egli deve sapere che è stato accolto già come un dono nella sua famiglia e che la scuola è il luogo in cui, incontrando altre persone, potrà trovare lo spazio giusto per crescere senza paura di sbagliare , perché ci sarà sempre qualcuno disposto ad incoraggiarlo, a sostenerlo ed a comprenderlo.
Non dimentichiamo che l’autostima nasce dal sentirci amati e rispettati pur con i nostri limiti e le nostre incertezze. 
La pedagogia dell’accoglienza non ha la sua ragion d’essere solo in una società multiculturale e multietnica qual è la nostra, ma in ogni società. Chi, infatti, ha sperimentato nel corso della sua vita il rifiuto, l’indifferenza o addirittura l’emarginazione, comprenderà quanto sia difficile, per un bambino, accettare soltanto la mancanza di attenzione…
Pertanto, una scuola che si proietta nel terzo millennio non può esimersi dal valutare l’importanza di “accogliere”ogni suo alunno, per farne un uomo capace di scelte libere e consapevoli.


Nessun commento:

Posta un commento