Era minuta, graziosa, con i
capelli grigi raccolti sulla nuca e gli occhiali appoggiati sulla punta del
naso. La mattina si svegliava prestissimo e, dopo aver messo in ordine la sua
modesta casetta, innaffiava i gerani sul davanzale, dava da mangiare ai colombi
che arrivavano mattinieri a darle il buongiorno e poi si affacciava alla
finestra. Di buon’ora passava il sindaco del paese, che salutava cordialmente
la signora e, sempre indaffarato, si recava in Municipio a lavorare; poi si vedeva
il parroco, che andava a celebrare la prima messa e aveva sempre una parola
buona da regalarle, e lei ricambiava con un gesto affettuoso e rispettoso,
baciandogli la mano. Intanto arrivavano i bambini, che si recavano a scuola
accompagnati dalle loro mamme, e la signora Pochecose augurava loro una buona
giornata. Sorrideva, la signora, perché i bambini le piacevano tanto e le
rallegravano la giornata. Ai più piccoli, che a volte facevano le bizze,
regalava caramelle e cioccolatini e subito si calmavano. Quindi la signora si
ritirava in casa e dava inizio al rito pacato della sua giornata. Apriva il
cassetto di un mobile antico e tirava fuori forbici, ago, filo, metro e un
pezzo di stoffa. Appoggiava tutto sul tavolo e, ripetendo mentalmente il consiglio
di sua mamma”Cento misure e un taglio”, misurava e rimisurava se stessa e la
stoffa, finchè si decideva a tagliare. La signora era una brava sarta, anche
molto creativa. Infatti, disegnava da sola i suoi modelli e li riproduceva così
bene che tutti, poi, la domenica, quando indossava i capi che aveva realizzato,
le facevano i complimenti.
Poi preparava qualcosa da
mangiare e, giunta l’ora di pranzo, apparecchiava con cura la tavola e si
sedeva da sola, gustando il cibo, che per lei rappresentava un dono del Cielo.
Si riposava un po’ e nel pomeriggio usciva per fare qualche acquisto o per visitare
la vicina di casa ammalata o per tenere compagnia ad un’anziana signora rimasta
sola. La sera cenava e poi andava a letto serena, ringraziando il Signore per
averle fatto trascorrere una giornata tranquilla. Nessuno seppe mai i
particolari della sua vita; nessuno le chiese mai se si fosse sposata, se
avesse dei figli lontani, perché la signora era molto riservata e sembrava
venire da un mondo lontano.
Non conosceva l’invidia e il
rancore, non sapeva spettegolare, non si adirava mai, era paziente fino al
sacrificio ed era silenziosa…Sembrava strana, ma tutti le volevano bene e a lei
bastava questo per farla sentire felice. A qualcuno faceva un po’ rabbia la sua
incrollabile fiducia nella vita e si chiedeva che senso avesse vivere in quel
modo. Dentro di sé la signora sapeva che tutto ha un senso, ed è proprio questo
il mistero della nostra esistenza: le cose che a noi appaiono banali sono,in
realtà, ricche di significato. Un giorno la signora si alzò come al solito e
aprì la finestra del cielo per dare il suo buongiorno agli angeli…Allora capii
perché la chiamavano “La signora Pochecose”: semplicemente perché si era sempre
accontentata di poco, perchè aveva
capito che in poche cose davvero è racchiuso il segreto di una vita serena,
quella che ognuno di noi ha sempre sognato.
Autore:
Aida Dattola insegnante nella scuola primaria
laureata in Pedagogia.
copyright © Educare.it - Anno
XII, N. 8, luglio 2012
Eccolo qui il tuo meraviglioso racconto Aida... ti seguirò anche qui.
RispondiEliminaUn sereno fine settimana :-)